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A Dio piacendo

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Dopo aver letto l’ultimo romanzo di Michele Navarra, forse chi usava pronunciare la frase “A Dio piacendo” non lo farà più con tanta leggerezza, o perlomeno non riuscirà più a farlo senza pensare alla storia di Barbara Santilli.

Il protagonista del quinto legal thriller di Navarra è sempre Alessandro Gordiani (L’ultima occasione, Per non aver commesso il fatto, Una questione di principio e Solo la verità),anche se qui l’avvocato, che è alle prese con un delicatissimo processo per colpa professionale medica, lascia spesso la scena a vantaggio di altri attori della vicenda, prima fra tutti Sonia Rivoli, un pubblico ministero freddo e rigoroso, ma anche una donna “stanca della sua relazione col marito, della routine familiare, del sesso senza passione e senza brivido”.Accanto al sostituto procuratore, un nutrito gruppo di personaggi che, lungi dall’essere in cerca di autore, sono disegnati con minuzia e maestria nelle loro ricchezze e nelle loro miserie umane. Tante, troppe, le loro debolezze, ma tutte così universali. Uomini e donne continuamente pervasi da sentimenti in via di evoluzione.

Un primario “Don Giovanni”, disorientato dal coinvolgimento così intenso che gli procura l’amante del momento, un “Principe del Foro”, che di nobile non ha nulla perché privo di ogni ritegno morale, un giovane chirurgo “castigatore di infermiere”, che finisce per ritenere la morte di una sua paziente “un incidente di percorso” da gettarsi alle spalle, e gli altri imputati, tutti confusi e spaventati. Abili sofisti capaci di lavare le loro coscienze da qualsiasi responsabilità. Nessuno è disposto ad ammettere errori, compreso chi in un primo momento appariva più illuminato, come la brillante anestesista, alla fine “costretta” dalle circostanze a manomettere una cartella clinica.

In questa comedie humaine tutti i colpevoli, alcuni dopo qualche flebile rimorso, finiscono per autoassolversi, convincendosi dell’ingiustizia delle accuse e prendendo le distanze dai fatti, fin quasi a dimenticarli.

L’unica eccezione è rappresentata dalla figura forse processualmente più colpevole, che dopo venticinque anni di onorata carriera non riesce ad affrontare, più che il rimorso, l’infamia di andare sotto processo.

A DIO PIACENDO conferma l’efficacia della penna di Michele Navarra. Una scrittura moderna, agile, dinamica, per molti versi cinematografica.

Sul finale di un romanzo che non si vorrebbe smettere di leggere, un altro centinaio di pagine avrebbero forse esaudito la curiosità dei più tradizionalisti tra i lettori, poco favorevoli ad un open ended che, comunque, ragionandoci un po’, così aperto non è.

 

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